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Nebbiolo: il vitigno e i suoi vini spiegati in 17 punti

Nebbiolo nelle Langhe

Il Nebbiolo è un vitigno, in realtà una varietà a cui appartengono diversi biotipi, generalmente coltivato in Piemonte. Qui dà vita ad alcuni famosi vini del panorama internazionale, come il Barbaresco e il Barolo. Nelle Langhe piemontesi, e il termine Langa sta ad indicare proprio la collina, ha trovato la sua terra d'elezione, ma viene coltivato con altri nomi anche in Valtellina, Valle d'Aosta e persino in Gallura.

 

Fonti storiche certe e importanti collocano la coltivazione della vite in Piemonte in piena età romana; Plinio il Vecchio – fra gli altri – ne parla nella sua Naturalis Historia, mentre la presenza del vitigno Nebbiolo è accertata da una vasta documentazione risalente all’anno Mille.

 

È questo il periodo in cui si introduce l’allevamentoa spanna”, cioè quello che vede la vite maritata al palo secco e potata corta, il cui termine finirà col diventare sinonimo, nel nord del Piemonte, delle potature adibite al Nebbiolo.

 

Ma è nel XIX secolo, allorché la viticoltura assume connotazioni di maggiore modernità, per merito del Conte di Cavour e della nobiltà piemontese il Nebbiolo comincia ad assumere una sua grande identità.

 

Nel 1873 a Barolo si crea il primo Albo degli acquirenti di uve Nebbiolo, mentre nel 1908 si costituisce il “Pro Barolo” per indicare i produttori e delimitare le varie zone di origine. Nel 1926, con la costituzione del “Consorzio per la difesa dei vini Barolo e Barbaresco” (come vedremo vini prodotti esclusivamente con Nebbiolo in purezza), assistiamo al definitivo salto di qualità del settore vitivinicolo piemontese, dopo decenni in cui il flagello della Filossera aveva decimato i vitigni dell’intera Europa.

 

L’uva Nebbiolo ha ispirato poeti e scrittori; a noi piace, al giorno d’oggi, ricordare una citazione di Mario Soldati:

 il vino è la poesia della terra e nelle Langhe questa poesia è scritta col Nebbiolo.

 

Del vitigno in questione, in realtà, non si conosce con certezza né l’etimologia del nome né la provenienza.

 

Perché si chiama Nebbiolo?

Sul nome ci sono due teorie:

  • la prima deriva dal fatto che i suoi acini dalla buccia sottile ma consistente si vestono di abbondante pruina, facendo virare il loro colore dal viola bluastro al grigio;
  • la seconda si rifà al periodo di vendemmia, piuttosto tardiva e quindi contraddistinto dalla presenza di nebbia.

 

Da dove viene il Nebbiolo

Sull’origine del vitigno, sembra ormai certo che i progenitori del nostro Nebbiolo dovrebbero essere piemontesi o valtellinesi (dove prende il nome di Chiavennasca), tenuto conto che il suo dna si trova esclusivamente nell’areale colturale alpino nordoccidentale, come ormai dimostra l’indagine scientifica svolta alcuni anni fa dall’Università di Torino.

 

Dove si trova

Senza dubbio la sua maggiore produzione è situata nelle zone delle Langhe-Roero (dove genera vini di grande tradizione e qualità) del Monferrato e del Canavese; alcune varietà si sviluppano in Valle d’Aosta con il nome di Picotener o Picodendro (il Donnas è stato il primo vino a ricevere la DOC nel 1971 in quella regione), in altre zone del vercellese e del novarese con il nome appunto di Spanna, come già detto in Valtellina, nonché in Gallura (e precisamente a Luras dove prende il nome di Nebiolo).

 

In Valtellina l’andamento geografico longitudinale, in particolare nella parte mediana dove si sviluppa la viticoltura, crea di fatto differenze micro-climatiche nelle aree di produzione che incidono sui caratteri sensoriali fra le sotto-varietà Sassella, Grumello, Inferno e Valgella. Per questo motivo la considerevole varietà di cultivar esistenti inducono alcuni studiosi a ritenere pertanto più corretto definire il Nebbiolo come una con varietà.

 

Curiosamente esperimenti di innesto in altre zone europee e persino in sud e nord America non hanno fornito risultati incoraggianti. Per questo motivo al momento non è pensabile una sua futura diffusione su larga scala.

 

I terreni

I terreni che predilige sono terreni poveri ma ricchi di potassio, magnesio, calcio, zinco e ferro. Perfette sono quindi le millenarie marne arenarie presenti in Langa, nei terreni di origine Elveziana e Tortoniana, dove sabbia e calcare costituiscono sicuramente un indispensabile fondamento da cui partire.

 

Tre i suoi biotipi (varietà): il Lampia, il Michet e il Rosé, quest’ultimo un pochino in disuso. Curiosa la storia del Chiavennasca in Valtellina: lì è la forza dell’uomo che ha creato nel tempo la coltivazione del Nebbiolo, con una viticoltura che non si fatica a definire eroica.

In queste zone di montagna ricche di rocce sono stati creati dei terrazzamenti a circa 1000 metri di altezza, che parzialmente riparano i vitigni dal gelo, trasportando il limo del fiume Adda tradizionalmente ricco di sostanze fertili.

 

Le rocce assorbono il prezioso calore del sole e lo trasmettono ai vitigni che producono più zuccheri e favoriscono la presenza di rilevante acidità. Si hanno pertanto vini di grande eleganza, robusta alcolicità ed acidità funzionale a fornire quegli elementi necessari a garantirne un buon invecchiamento, o sino a riuscire a produrre anche vini passiti (lo Sforzato o Sfurzat della Valtellina.

 

Caratteristiche generali

A cosa si deve la grande considerazione verso questo vitigno a bacca nera? Senza dubbio il buon equilibrio tra colore, corpo, acidità, aromi persistenti e volatili, robustezza alcolica. È quindi un’uva adatta a essere vinificata in purezza o con minimi apporti in buon equilibrio tra colore, corpo, acidità, aromi persistenti e volatili, robustezza alcolica. Inoltre, la peculiarità di maturare mediamente più tardi rispetto ad altri vitigni consente a queste uve di raggiungere una ricchezza e complessità compositiva tali da permettere la produzione di grandi vini.

 

Il colore

Se, per prima cosa, prendiamo in esame l’aspetto cromatico dei vini del Nebbiolo è molto improbabile osservare colori estremamente intensi. Ciò è dovuto alla presenza nelle bucce del Nebbiolo di una prevalenza di antociani monomeri che per la loro struttura sono facilmente ossidabili e quindi tendono a precipitare con grande facilità  già durante le prime fasi di pigiatura dell’uva.

 

La stabilizzazione e preservazione dell’aspetto cromatico arriva solo dopo la combinazione di questa famiglia di antociani con i tannini, i quali però si concentrano in buona parte nei vinaccioli e verranno estratti solo successivamente durante la macerazione, grazie a un’adeguata presenza di alcol (se vuoi approfondire, ecco alcuni fattori che influenzano gli antociani nelle uve Nebbiolo e Sangiovese).

calice di Nebbiolo delle Langhe

Il colore di un Nebbiolo delle Langhe del 2012 aperto nel 2018

Ne deriva che i vini del Nebbiolo non tendono mai a note cromatiche violette e a basse trasparenze. È molto più facile ritrovare, nei vini giovani, un rosso rubino di media intensità e buona trasparenza che poi tende al granato con l’invecchiamento e anche a sfumature rosso mattone.

 

Caratteristiche organolettiche: profumi e aromi del Nebbiolo

Anche le sensazioni aromatico-olfattive dei vini del Nebbiolo non sono mai prepotenti, ma sempre fini ed eleganti. Al naso presenta un panorama odoroso complesso e articolato, all’interno del quale possono spiccare cenni di ciliegia sotto spirito, lamponeviola, rosa appassita, spezie, timo, aghi di pino, genziana, salvia, a volte funghi, tartufo, sottobosco, foglie secche e tabacco.

 

Al gusto la presenza dei tannini nei primi anni tende ad essere soverchiante; non per caso è rimasta celebre l’affermazione di un noto studioso americano:

non si può amare il Barbaresco se non si amano i tannini.

 

Con adeguato, più o meno lungo, invecchiamento regala aromi terziari molto complessi e infinitamente variabili ed eleganti.  È l’aspetto più affascinante di questo vino, che mai appare piatto, monocorde e prepotente: al contrario evidenzia una grande complessità retro-olfattiva, non invadente ma estremamente elegante.

 

Il lungo e in alcuni casi lunghissimo affinamento in bottiglia, anche 20 anni con temperatura fresca e costante, consente alle tipologie più eleganti e raffinate di esprimere anche sentori resinosi e balsamici con ampio spettro ed impatto olfattivo.

 

La versatilità

La sua versatilità ha fatto sì che questo vitigno sia soggetto ancora a sperimentazioni. Si ha notizia che alcuni viticoltori del Piemonte stiano sperimentando la messa in commercio di un Nebbiolo passito alternativo allo Sfurzat valtellinese mentre, come si dirà meglio più aventi, è in commercializzazione il primo spumante fatto rigorosamente con uve Nebbiolo.

 

Caratteristiche del vitigno

Un vitigno in grado di contribuire in maniera decisiva alla formazione di vini importanti e complessi può far pensare che abbia nel suo dna caratteristiche di alta robustezza. Per niente vero, anzi. Chi lo conosce sa che è un vitigno non facile da coltivare, anche perché il germogliamento, la fioritura e l’invaiatura coincidono con periodi ancora molto freddi, mentre per la maturazione lenta dei grappoli la vendemmia può prolungarsi fino a novembre.

 

Pertanto il Nebbiolo necessita di zone collinari ben esposte al sole e di suoli calcarei e ricchi di tufo; esprime le sue maggiori caratteristiche fra i 200 ed i 500 metri, con una esposizione rigorosamente verso sud o sud ovest; non ama quindi i fondovalle ed i terreni poco soleggiati. Ovviamente la distanza fra i filari deve essere tale da favorire una penetrazione della luce insieme ad una giusta esposizione dei grappoli.

 

I vini da uve Nebbiolo: quando il Nebbiolo diventa Barolo

Vinificato in purezza, origina alcuni fra i vini più nobili e pregiati al mondo, quali il Barolo ed il Barbaresco.

 

Il Barolo DOCG più classico nasce dall’assemblaggio di uve provenienti da vigneti di Nebbiolo situati in varie zone delle Langhe con suoli che hanno esposizioni e morfologie molto diverse fra di loro, anche se oggi si condivide la visione che tende ad esaltare non solo la complessità e la pienezza del Barolo cuvée, ma anche le peculiari tipicità che sanno proporre particolare appezzamenti di terreno e vigne specifiche.

 

Il disciplinare del Barolo prevede che il vino debba essere sottoposto ad un periodo minimo di invecchiamento di 3 anni, di cui due trascorsi in botti di rovere o di castagno. Se l’invecchiamento si protrae per almeno 5 anni il vino può avvalersi della menzione aggiuntiva Riserva. La gradazione alcolica minima è fissata a 13 gradi e l’acidità non deve essere inferiore a 5/1000.

 

Il Barbaresco

Il Barbaresco DOCG si ottiene esclusivamente dalle uve Nebbiolo prodotte nell’intero territorio omonimo, nonché di alcune frazioni e comuni limitrofi. Il suo invecchiamento minimo è di 2 anni, di cui uno in botte.

Un calice di Barbaresco

Un calice di Barbaresco

Sia per il Barolo che per il Barbaresco è consentita l’aggiunta, a scopo migliorativo, di annate più giovani su annate più vecchie e viceversa, nella misura massima del 15%. In tal caso in etichetta dovrà figurare il millesimo relativo al vino che concorre in misura preponderante.

 

Il Nebbiolo delle Langhe e il Nebbiolo d’Alba

Partiamo subito col dire che il Nebbiolo Langhe DOC e Alba DOC sono due denominazioni differenti, per cui è prevista la produzione di vini a partire da uve coltivate all’interno di due zone diverse, sebbene entrambe appartenenti alla provincia di Cuneo.

 

Ovviamente in presenza del medesimo vitigno sarà il terroir che genera la produzioni differenti. Facciamo alcuni esempi per soddisfare una domanda che ricorre spesso. Ovviamente le indicazioni che seguono andranno interpretate come “indicazioni di massima”.

 

Partiamo dalla materia prima: l’uva

Per il Langhe Nebbiolo vengono scelte le uve di vitigni più giovani e brillanti, che devono dare vini giovani, freschi, super fruttati e con tannini molto giovani.

 

Per il Nebbiolo d’Alba la selezione è più impegnativa, poiché una parte viene usata per l’invecchiamento in barrique e un’altra parte affina solo in acciaio.

 

Nella Vinificazione

Il Langhe Nebbiolo fa una vinificazione classica, con rimontaggi frequenti giornalieri per migliorare l’estrazione di profumo e colore; la fermentazione dura circa 15 giorni.

 

Per il Nebbiolo d’Alba ai rimontaggi aggiungiamo una follatura al giorno a partire da metà fermentazione. Inoltre vengono effettuati due delestage, uno a inizio e una a fine fermentazione, che qui dura circa 18 giorni. Quindi anche qui la differenza è notevole e si potrà sentire a fine affinamento.

 

L’affinamento

Il Langhe Nebbiolo affina in vasche di acciaio circa 9 mesi, dopo di che viene imbottigliato.

 

Il Nebbiolo d’Alba è anch’esso vinificato in acciaio ma l’invecchiamento avviene 12 mesi in barrique e termina in bottiglia coricata per 12 mesi.

 

Generalmente i vini ottenuti da Nebbiolo si prestano molto bene anche all’affinamento in bottiglia. Non di rado bottiglie di Barolo o Barbaresco superano indenni decenni interi e sviluppano eleganti profumi terziari, purché conservate correttamente.

 

Le altre denominazioni

Grazie alle sue particolari qualità il Nebbiolo entra in anche in altri disciplinari di produzione, tra i quali:

  • il Valtellina Superiore DOCG;
  • il Carema DOC;
  • il Ghemme DOCG;
  • il Gattinara DOCG;
  • il Boca DOC;
  • il Lessona DOC;
  • il Bramaterra DOC.

 

In alcuni di essi, come il Barolo DOCG ed il Barbaresco DOCG, il disciplinare prevede l’uso esclusivo del Nebbiolo, in altri casi è consentita l’aggiunta di altre uve (anche se ben specificate).

 

In qualche caso è consentito il l’utilizzo del Nebbiolo in aggiunta ad altri uvaggi. Tuttavia, la produzione di vini Nebbiolo raggiunge malapena il 3% della produzione del Piemonte.

 

Il Nebbiolo bianco: la vinificazione in bianco del Nebbiolo

Esiste il Nebbiolo bianco? La vinificazione in bianco del Nebbiolo (quindi senza contatto con le sue bucce) è utilizzata per ottenere uno spumante. Una sorpresa per chi pensa a queste uve solo come base per il Barolo, il Barbaresco, il Gattinara, il Carema o lo stesso Nebbiolo.

 

Invece, ben prima che Carlo Gancia lanciasse il suo spumante a base di uve Moscato (a fine ‘800), il Piemonte produceva spumanti con uve di Nebbiolo. Se ne parla dal 1787 quando il presidente americano Thomas Jefferson in visita a Torino scrisse di aver assaggiato uno spumante di (rosso) nebbiolo buono come lo champagne. Dal 2018 un gruppo di aziende di Piemonte e Valle d’Aosta hanno deciso di rilanciare questo spumante metodo classico, commercializzato dal 2017.

 

Questo recente progetto nacque allorché un enologo si accorse che , per produrre i grandi rossi Docg a base Nebbiolo, il grappolo, se privato della punta inferiore, migliora la qualità del vino. Ma la punta del grappolo si trasforma in uno scarto di grande qualità, di un’uva pregiata. Nasce così l’esperimento di produrre, con questa punta del grappolo, uno spumante extra brut che ricorda gli champagne per concezione, vinificazione e qualità.

 

Sei aziende decidono di prendere parte al progetto Nebbione, con un protocollo di produzione che dà origine ad un Metodo Classico 100% Nebbiolo che staziona 40/45 mesi sui lieviti (se non sai che cos’è, ecco una mini-guida sul Metodo Classico). Questi spumanti sono prodotti dalla Cascina Ballarin (con il nome “Punte dei tre ciabot”), da Franco Conterno (“NaPunta”), dalla Cantina Reverdito (“Nebbione Reverdito”), da Rivetto (“Kaskal”), da Travaglini (“Nebolé”) e dalla valdostana La Kiuva (“Traverse”) – quest’ultima realizza però lo spumante in versione rosé.

Retro-etichetta di un metodo classico da uve Nebbiolo

Il Nebolé di Travaglini, ottenuto dalla vinificazione in bianco del Nebbiolo

Il Nebbiolo bianco: l’Arneis

Con l’espressione Nebbiolo bianco alcuni si riferiscono anche a un altro vitigno piemontese, però a bacca bianca: l’Arneis.

 

L’Arneis appartiene prevalentemente alla zona d’Alba e dà un vino corposo, secco e di grande struttura. Ciò per dire che l’appellativo di Nebbiolo bianco è un po’ usurpato, in quanto col Nebbiolo ha poco a che fare se non per i tralci robusti e dritti. Forse l’origine del nome deriva dall’abitudine di mescolare i suoi filari col Nebbiolo per la sua caratteristica di tenere lontani gli uccelli, grazie ad una maturazione molto precoce e ad acini molto dolci.

 

 

Abbinamenti con il cibo dei vini a base di Nebbiolo

Non mi pare complicato identificarne i giusti abbinamenti.

 

Per i primi piatti l’ideale sono le paste ripiene, sia di carne che di ricotta di pecora, quest’ultima servita in bianco con del guanciale affumicato. Se si preferisce la pasta secca, il vino si abbina particolarmente bene al ragù classico, il quale dovrebbe essere condito in modo abbastanza saporito con l’aggiunta di numerose spezie. Come paste ripiene possiamo citare gli agnolotti del plin, piatto tipico piemontese o, per le paste non ripiene, i tipici tajarin, con un condimento adeguato a reggere la struttura della bottiglia di Nebbiolo che abbiamo scelto.

 

Per i secondi piatti si consigliano carni molto saporite come la selvaggina, carne arrosto oppure alla griglia, ma anche manzo e pollame conditi con salse saporite. Si consigliano anche i bolliti di vario tipo. Per esprimere al meglio il territorio potresti pensare all’utilizzo del tartufo piemontese d’Alba (ecco alcune regole d’abbinamento al tartufo bianco).

 

Come antipasto, il vino si abbina alla perfezione a taglieri di salumi e formaggi, soprattutto stagionati.

 

Come servire i vini da uve Nebbiolo

Per i vini più giovani, la temperatura indicata è di 16-18 gradi. Se vi trovate a stappare un vino invecchiato e più strutturato, 18-20 gradi sono perfetti. Siccome è importante non soltanto cosa si beve, ma anche dove si beve, il calice giusto per servire un vino da Nebbiolo ha forma panciuta, con il bordo che si apre verso l’esterno, per far arrivare il vino subito sulla punta della lingua e poter apprezzare le note dolci del frutto. Questa tipologia di bicchiere è chiamato anche “Borgogna” o “Borgognone” e ne esistono differenti tipologie:

Il calice va riempito per tre quarti, per permettere ai profumi di sprigionarsi, invadere la parte vuota del bicchiere ed essere apprezzati al naso.

 

Quanto costa un Nebbiolo e quale comprare

Il prezzo di una buona bottiglia a base di Nebbiolo può ovviamente variare, partiamo dai pochi euro di una produzione base fino ai grandi Barolo, che non di rado possono superare il migliaio d’euro. Si cominciano ad acquistare dei Barolo rappresentativi a partire dai 40 € a bottiglia, anche se per annate “piuttosto recenti”. Questi grandi vini esprimono la loro complessità dopo lunghi affinamenti in bottiglia, ma può essere utile carpire l’evoluzione delle loro caratteristiche cogliendoli a diversi stadi della loro vita.

 

Questo è un Barolo Riserva del produttore Massolino, chiamato Vigna Rionda dal nome della parcella d’appartenenza (quello che si direbbe un “cru”).

 

Per cominciare a prendere dimestichezza con i vini prodotti da questo vitigno puoi optare per bottiglie dal buon rapporto qualità/prezzo, che rispettano le caratteristiche espressive del vitigno e possono risultare sicuramente didattiche.

 

Come, ad esempio, questo Nebbiolo d’Alba “Ochetti”, del produttore Renato Ratti. Oppure questo Nebbiolo delle Langhe della Cantina Produttori Del Barbaresco. Per entrambi il prezzo si aggira attorno ai 15 € a bottiglia.

 


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