PILLOLE Vinificazione

La barrique, viaggio tra segreti ed ovvietà

Sappiamo tutti cos’è, ma com’è utilizzata la barrique dalle cantine, e soprattutto quali effetti ha sulla qualità del vino?

 

La Storia

Le botti di legno furono largamente utilizzate e diffuse dai Celti tra il quarto e il terzo secolo prima di Cristo. Le notizie più antiche però risalgono al 2700 a.C., in una tomba egizia, infatti, è raffigurato per la prima volta il mestiere del bottaio. Nate per esigenze di trasporto vennero successivamente utilizzate anche per la vinificazione e l’affinamento.

 

La Forma

Non casuale, la forma della barrique ha molteplici scopi, da sdraiata, avendo poca superficie di contatto con il suolo permette agili spostamenti e rotazioni per il trasporto manuale, durante l’elevazione dei vini sono in grado di radunare in un piccolo spazio le fecce che vanno a depositarsi sul fondo, riducendo il contatto con il vino. La barrique infatti è un ambiente ossidante, ma nel punto di contatto con le fecce diventa riducente.

 

La Produzione

Il legno utilizzato è per la maggior parte proveniente dalle querce di rovere (Quercus Sessiflora o Petraea) provenienti dalle foreste francesi di Limousin, Tronçais, Allier, Never, Vosges.età media delle piante varia tra i 150 e i 220 anni, dopo l´abbattimento della pianta, le tavole ottenute vengono lasciate a stagionare all´aria, a diretto contatto con sole ed intemperie per 3-4 anni. Le precipitazioni, ma anche il vento e il sole, contribuiscono a “lavare” il legno, ripulendolo di quei tannini grossolani ed amari che rovinerebbero il vino.

 

Avvengono anche importanti cambiamenti delle proprietà meccaniche e si formano composti organoletticamente attivi.

 

Le tavole sono poi trasportate nelle tonnellerie, dove a spacco si ricavano le doghe (né servono 25/30 per fare una barrique) rifilate e sagomate con sapienza vengono poi assemblate su un lato e poste sopra ad un “fornello”. Questa fase detta tostatura è una tappa fondamentale nella fabbricazione della barrique. Una tostatura, omogenea con una reazione di Maillard controllata, conferisce alla barrique le proprietà organolettiche auspicate per un determinato percorso di maturazione del vino, e ne permette la piegatura delle doghe.

 

La maggior parte dei composti aromatici del rovere si sviluppano in questa fase di lavorazione, e non sempre sono desiderati. Durante la piegatura a caldo delle doghe si altera la struttura superficiale e profonda del legno: a partire dalla tostatura leggera l’aroma di legno si arricchisce prima delle note di tostato e di vaniglia (aldeidi furaniche e fenoliche), quindi dei sentori di affumicato, speziato e torrefatto (fenoli volatili), infine l’aumento degli ottalattoni incrementa l’odore di cocco. Oltre la tostatura forte, l’intensità aromatica cala e predominano sentori di affumicato e tostato. La scelta dell’intensità della tostatura dei fusti consente, dunque, di modulare l’impatto organolettico del legno sul vino, sia per quanto riguarda i caratteri organolettici che la struttura generale.

 

Si completa poi l’assemblaggio con i cerchi che terranno unite tra loro le doghe incastrate ai fondi, e viene praticato il foro chiamato cocchiume.

 

Ma a cosa serve realmente?

L’uso enologico della barrique è tutt’altro che semplice e scontato, provo a riassumerne le principali funzioni. In minima parte e spesso non desiderate vengono cedute sostanze aromatiche naturalmente presenti nel legno tostato: vaniglia, cocco ma anche spezie torrefazione affumicatura, la “dose” è dettata dall´intensità della tostatura, dal tempo di permanenza e contatto vino/legno, e dal numero di passaggi (volte che è stato utilizzato il recipiente). Secondo fattore importante, personalmente lo ritengo il più importante, è la capacità del legno di far passare attraverso la sua porosità delle piccolissime quantità daria che si “sciolgono” all´interno del vino.

 

Si sa che l’ossidazione è nemica del nostro amato nettare ma qui le dosi sono minime, l´unità di misura è 30 ml/L/anno. Quest’apporto aiuta il vino nella sua evoluzione, lo rende più elegante e morbido, grazie alla polimerizzazione dei tannini. Le molecole diventano più lunghe e la sensazione in bocca è più elegante e meno ruvida. Anche qui è importante la misura cioè tempo temperatura e quantità d’aria, se si esagera, la polimerizzazione è troppo spinta e i tannini precipitano sul fondo.

In questo sottile gioco di equilibri, l’esperienza e la conoscenza non solo dei “legni” ma anche delle proprie uve e dei propri vini è fondamentale. Per un periodo non felice in passato, la barrique è servita a nascondere difetti. Ben venga invece se è in grado di esaltare i pregi.

 

 

 

Credits – Daniele Galler

Fonte – Sommelier: appunti di degustazione

 

 

 


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